sabato 13 novembre 2010

Apertura del percorso del Tempio di Venere e Roma nel Foro romano


Il Commissario delegato per le aree archeologiche di Roma e di Ostia antica Roberto Cecchi, secondo un programma concordato con la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, prosegue le operazioni finalizzate alla messa in sicurezza dei monumenti in custodia e all’ampliamento degli itinerari di visita offerti ai visitatori.

È questa la volta del tempio di Venere e Roma che si affaccia sulla valle del Colosseo dall’imponente basamento voluto dall’imperatore Adriano che dedicò l’edificio alla Città Eterna e alla dea Venere, madre di Enea suo fondatore. Costruito sulle pendici della Velia a partire dal 121 d.C., sottende una chiara valenza politica creando la sintesi tra Venere, cui è attribuita una dimensione cosmica, e Roma, rappresentata in forma divinizzata, ma anche la sintesi tra il passato e il futuro dell’Urbe, tra Oriente e Occidente, tra Aeternitas e Fortuna.


La storia
Il tempio, inaugurato nel 141 d.C. dal successore di Adriano, l’imperatore Antonino Pio, fu eretto nel luogo in cui sorgeva in precedenza il vestibolo della Domus Aurea, di cui si mantenne l’orientamento e si riutilizzarono in parte le fondazioni. Il tempio, di forme ellenizzanti, si innalzava al centro del grande podio artificiale: questo era affiancato sui lati lunghi da un doppio portico di colonne in granito grigio, su cui si aprivano al centro i due propilei, mentre sui lati corti era collegato con delle scalinate alla piazza del Colosseo e al Foro. Le colonne ancor oggi visibili furono rialzate durante i restauri degli anni trenta.
Il tempio vero e proprio si presentava come un diptero: all’interno due celle orientate in senso opposto, una per ciascuna divinità, e precedute da un vestibolo. Del peristilio di colonne corinzie non rimane nulla, e della cella verso il Colosseo – quella dedicata a Venere – resta solo l’abside. L’altra abside, invece, fu inglobata nell’ex convento di Santa Francesca Romana. Quanto è giunto sino ad oggi risale, però, in gran parte, al restauro voluto da Massenzio nel 307 d.C. in seguito all’incendio che distrusse tutta la parte centrale del Foro. A questo restauro si devono le celle absidali in laterizio con copertura a volte cassettonate, gli stucchi dei cassettoni (ricopiati anche dal Palladio), le colonne in porfido lungo le pareti e il pavimento in lastre marmoree.
L’abbandono dell’edificio e la seguente spoliazione delle strutture hanno inizio nel VII secolo, quando l’imperatore Eraclio concede a papa Onorio (625-638) le tegole di ottone della copertura del tetto per usarle a San Pietro.
I primi scavi sistematici dell’area vengono realizzati durante l’amministrazione francese della città, tra il 1810 e il 1817 e cominciano le demolizioni delle strutture medievali.


Il culto di Venere e Roma
Come testimonia un testo dello scrittore greco Ateneo (II-III secolo d.C.), la fondazione del culto di Venere e Roma e il voto del tempio alle due divinità da parte dell’imperatore Adriano (117-138 d.C.) avvengono in concomitanza con la riorganizzazione della festa dei Parilia: in base a una moneta l’evento può essere datato con precisione al 21 aprile del 121 d.C.. La costruzione del tempio (locatio) ha inizio subito dopo. Le Palilia o Parilia erano un’antichissima festa pastorale della religione romana che si celebrava il 21 aprile in onore del numen Pale. A partire dal 121 d.C. si iniziò a festeggiare nella stessa data anche il giorno della fondazione di Roma, ovvero la festività di Romaia.


Il progetto di sistemazione dell’area monumentale

All’intervento del Commissario delegato si devono la manutenzione straordinaria di tutta l’area del tempio e le sistemazioni funzionali per l’apertura al pubblico dell’area monumentale. Le risorse impegnate ammontano a 264.034,80 euro.
Negli anni ottanta del secolo scorso le due metà del tempio, rimaste a lungo divise l’una dall’altra, sono gestite da due diverse amministrazioni (il Comune di Roma amministrava la cella di Venere e il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali quella di Roma). In seguito a un accordo, vengono riunificate nel complesso monumentale dell’area archeologica del Foro Romano-Palatino, ma di fatto i segni della separazione si rintracciano non solo nelle barriere di divisione, ma anche e soprattutto nella diversità delle funzioni. La cella di Roma fruita come quinta dell’Antiquario Forense, mentre quella di Venere resta un giardino urbano, anche se ormai chiuso alla città.
Le finalità che il nuovo progetto di sistemazione dell’area e di restauro delle strutture ha perseguito sono il superamento di queste differenze e la ricomposizione dei “segni” dell’architettura originaria, per rendere nuovamente palese l’antica grandiosità e restituire l’immagine unitaria del tempio. La nuova sistemazione dell’area ha operato un profondo cambiamento sia dell’immagine sia della funzione dello spazio del tempio rispetto a quelle realizzate nel 1935. Fino agli anni ottanta l’area era occupata da una strada, asfaltata, accessibile perfino alle auto, che conduceva al giardino: piazza di Venere e Roma. Oggi il tempio non è più una piazza urbana ed è tornato a far parte del contesto archeologico cui apparteneva e all’asfalto si è sostituito il manto erboso. Gli interventi, diffusi sulla quasi totalità delle strutture, hanno il solo scopo di ripristinare la continuità e l’omogeneità strutturale delle murature fratturate e lesionate, di contrastare i fenomeni di rotazione provocati dall’asportazione degli appoggi e di permettere il corretto scorrimento e smaltimento dell’acqua, principale responsabile del degrado. Le opere di restauro più impegnative hanno interessato le semicalotte delle absidi e le alte mura del lato sud. I monitoraggi indicavano infatti che la profonda lesione creatasi tra le semicalotte, sulla sommità, progrediva lenta ma inesorabile e che al tempo stesso le infiltrazioni d’acqua all’interno della lesione provocavano il degrado della decorazione in stucco. Il lato sud delle celle si conservava meglio degli altri – arriva a un’altezza di circa m 20 – ma i blocchi della fondazione, per gran parte asportati, avevano dato luogo a un fenomeno di rotazione che, data l’altezza, metteva a rischio la stabilità delle strutture. L’equilibrio era stato messo in crisi anche dal crollo delle scale che in antico occupavano la zona dell’incrocio delle absidi, e che costituivano un valido elemento di irrigidimento funzionale al sistema costruttivo. Il segno di sofferenza delle strutture era visibilmente denunciato dalle lesioni, profonde quanto diffuse, visibili sulle murature. Per il consolidamento è stato realizzato, alla base delle murature, un sistema continuo di contrafforti, collegati da solai armati, che si sostituisce alla fondazione mancante e dà nuovamente l’appoggio adeguato alle alte strutture murarie annullando la rotazione in atto. La parziale ricostruzione del muro perimetrale ha in questo caso una doppia funzione, sia statica sia d’immagine. Le murature delle absidi sono state consolidate con iniezioni di malta, spesso armate, che servono a ripristinare la continuità muraria interrotta dalle lesioni.


Informazioni tecniche :

Orari di visita
Dalle 8.30 fino a un’ora prima del tramonto
Chiuso 1 gennaio, 25 dicembre
La biglietteria chiude un'ora prima
Ingresso
I visitatori entreranno dai due ingressi dell’area archeologica centrale; via dei Fori Imperiali e via di San Gregorio. L’accesso al Tempio di Venere e Roma, una volta all’interno dell’area di visita, si trova a fianco dell’Arco di Tito.
Biglietti
Intero € 12,00; ridotto € 7.50
Il biglietto consente l’accesso alle aree del Foro romano, del Palatino e del Colosseo
Informazioni e visite guidate
tel. 39.06.39967700
www.pierreci.it


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