mercoledì 10 novembre 2010

Francesco Clemente_trasalimenti

Francesco Clemente ( Clemente di San Luca, e nella sua città  vuol dire qualcosa…)  nasce a Napoli nel 1952, in una famiglia aristocratica e culturalmente vivace, con una madre pittrice e grande viaggiatrice, dalla quale deve aver preso  molto della sua personalità.
 Inizia presto a dipingere, da autodidatta, e dopo la maturità si trasferisce a Roma, dove entra in rapporto con artisti di grido ( Cy Twombly,  Alighiero Boetti...).
 Intraprende e poi interrompe gli studi di architettura, che lasciano comunque in lui una  forte impronta, visibile nelle sue opere;  si appassiona alla  fotografia.
 Nel 1974 va in India, a Delhi, poi dopo qualche anno si stabilisce per un lungo periodo a Madras, occasione di studio, affinamento di alcune tecniche, approfondimento del pensiero orientale.
 Rientrato in Italia, si avvicina alla “Transavanguardia” *, di cui e’ considerato  uno dei migliori esponenti.
 Nel 1981 va a New York, dove conosce e frequenta Andy Warhol,  Allen Ginsberg, si immerge nell’atmosfera della Beat Generation,  si avvicina ai graffitisti come Keith Haring.
 In America raggiunge il  successo, mantenendo comunque un forte legame con la città di origine, dove dopo questo primo grande evento della mostra al Museo Nazionale si parla di altre iniziative , come un’esposizione di suoi ritratti (forse a Castel  Sant’ Elmo) e la possibilità  di curare le scene per l’allestimento di uno spettacolo al San Carlo.

* La Transavanguardia è una tendenza pittorica  nata a  Roma alla fine degli ani ‘70 - di cui è stato teorico e artefice il critico Achille Bonito Oliva - sorta intorno ad un gruppo di cinque artisti (Mimmo Paladino, Sandro Chia, Nicola De Maria, Enzo Cucchi, e appunto Francesco Clemente); e’ caratterizzata da un recupero delle molteplici esperienze figurative del XX secolo,  dal richiamo a diversi riferimenti storici e culturali e da una spiccata esuberanza formale e cromatica.


                                                                                                                                       Ely Demarco

Jannis Kounellis, zonder titel 1989

Mario Merz, Onda d'urto 1987 met op de achtergrond Andy Warhol, Vesuvius

Arca delle Professioni a cura di Gianni Ioacchini, Pescara

Meret Oppenheim_trasalimenti

"Meret Oppenheim ha sicuramente lasciato in questi anni alcune delle opere più essenziali dell'arte del 20esimo secolo. Ma soprattutto va ricordata per la sua enorme ricerca creativa, una diversità di temi, materiali e forme artistiche che si riscontra solo raramente", sottolinea Matthias Frehner.

Ritornata in Svizzera nel 1939, l'artista ritrovò soltanto dalla metà degli anni '50, a Berna, la sua vena creativa. La sua arte, poco recepita inizialmente sulla scena elvetica, venne riscoperta dagli anni '60.

Considerata da allora un'icona del femminismo nascente, Meret Oppenheim preferiva distanziarsi anche da questo marchio riduttivo. Considerava che l'arte doveva essere il prodotto di uno spirito androgino: "Lo spirito della donna è sempre stato presente nell'arte dell'uomo e così lo spirito dell'uomo ha sempre popolato l'arte femminile".

Carol Rama artista 92enne Torinese,invitata alla biennale di Venezia del 2011

Il noto critico d’arte, parlamentare e nuovo Soprintendente per il Polo Museale di Venezia Vittorio Sgarbi ha confermato la propria intenzione di invitare l’artista torinese 92enne Carol Rama, dopo aver visitato le sue opere dal vivo nella mostra “Carol Rama. Appassionata”, organizzata dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo e curata dal critico, filosofo e giornalista Nicola Davide Angerame, in occasione della serata alassina tenuta dal professor Sgarbi su Caravaggio, lo scorso 9 agosto.


“Conoscendo le abitudini del professor Sgarbi – spiega Monica Zioni, Assessore alla Cultura e al Turismo di Alassio –lo abbiamo invitato a visitare la mostra di Carol Rama sapendo che l’artista, già Leone d’Oro alla Carriera a Venezia nel 2003, avrebbe suscitato l’interesse del professore”. Infatti Sgarbi sta già lavorando all’edizione di giugno 2011 della Biennale d’Arte di cui è stato nominato curatore del Padiglione italiano.

Mattia Moreni e l'umanoide.



Mattia Moreni
(Pavia, 1920 - Ravenna,1999)

Si forma all'Accademia Albertina di Torino. Moreni è considerato uno dei maggiori protagonisti dell’arte del secondo Novecento a livello mondiale. Dopo una formazione neocubista, (si forma nell'ambiente torinese del dopoguerra) tra il 1952 ed il 1954 fa parte del Gruppo degli Otto con Afro, Birolli, Corpora, Morlotti, Santomaso, Turcato e Vedova ed è tra i primi a percepire la novità delle tematiche informali. Nel 1956 con Francesco Arcangeli ,( insieme avevano fondato nel '53 la corrente artistica "Ultimo Naturalismo") partecipa alla Biennale di Venezia (vi espone senza interruzioni dal 1948 e vi esporrà ancora nel '60, '72 e alla mostra del Centenario nel '95) . Dal 1964 dipinge quasi esclusivamente sul tema dell'anguria, fino a diventare un simbolo iconografico del suo lavoro. Negli anni, la sua pittura, sviluppa un linguaggio che gradualmente giunge all'informale attraverso il recupero della carica gestuale dell'espressionismo astratto americano e dell' Action Painting. Fino ad arrivare agli anni ottanta dove l'artista con le sue opere tende a mettere a nudo le insidie della modernità difendendo i valori della natura , contro le minacce della civiltà computerizzata, si tratta di opere fortemente trasgressive e dichiaratamente provocatorie, una sorta di risposta alla contemporanea pittura "di basso profilo", una figurazione elementare e beffarda sul convincimento e sulla denuncia di una patente 'regressione' della specie umana.

Matthew Barney, l'arte del limite


Il primo capitolo della serie Drawing Restraint di Matthew Barney è datato 1987 ed è stato realizzato quando era ancora uno studente a Yale. È un video, dove si vede Barney arrampicarsi sulle pareti del suo studio e realizzare dei disegni cercando di vincere la resistenza opposta da una fascia elastica a terra. Il complesso dei "disegni sotto sforzo" è un progetto basato sulla performance, che prende corpo in video, disegni, fotografie e sculture e si fonda sull'idea che la forma sia il frutto della lotta contro una resistenza autoprodotta. "Racconto il modo in cui una forma combatte per trovare una propria definizione" spiega l'artista, perché "non può materializzarsi o mutare senza lottare contro la resistenza". Ed è lui ad affrontare in prima persona, con il proprio corpo, ogni sorta di impedimento, per superare il limite e compiere la creazione.

Drawing Restraint è spalmato in un arco di 23 anni ed è composto, adesso, di 18 parti: è come una base, una collezione di note preziose, fondanti, che accompagnano e nutrono il resto della produzione di Barney.

La galleria Schaulager di Basilea presenta dal 12 giugno al 3 ottobre Matthew Barney: Prayer Sheet with the Wound and the Nail, una mostra che mette a confronto i lavori emersi nel tempo attraverso Drawing Restraint - video, disegni sculture e vetrine - con le opere del Rinascimento nord europeo. La Fondazione Laurenz, che gestisce lo spazio d'arte Schaulager, sta acquisendo insieme al Moma di New York l'intero archivio della serie di Barney, che con questa mostra verrà presentato al pubblico per la prima volta nella sua totalità.

Con il procedere della serie gli ostacoli che pongono limitazioni all'azione dell'artista diventano più sofisticati e sono inseriti nel quadro di una narrazione sempre più allegorica: le opere estrapolate dalle varie performance rappresentano forme secondarie dell'azione registrata, un'oggettivazione che addensa il racconto per punti di senso. E da li parte il dialogo con opere dell'iconografia cristiana di artisti come Albrecht Dürer, Urs Graf, Martin Schongauer e molti altri, ai quali non sono estranei i concetti di resistenza, ascesa e caduta, legati al milieu mistico delle loro rappresentazioni.

Giuliano Cotellessa Ex Aurum Pescara dal 4 dicembre 2010



trasalimenti arte ideato e Curato da gabriele di pietro.