giovedì 18 novembre 2010

De Chirico, Ziegler & C.

De Chirico, Ziegler & C.
scandalizzano New York



La mostra sull'arte europea tra le due guerre al Guggenheim attaccata dal New York Times. L'accusa: "Gronda sangue"

MARCO BELPOLITI
L’America scopre l’arte europea tra le due guerre e si scandalizza. Salendo lungo la spirale del Guggenheim per la mostra «Caos and Classicism» si è attirati, oltre che dalle centottanta opere esposte, dai commenti che il pubblico fa davanti alle teste di Benito Mussolini riprodotte in scultura da Ernesto Michahelles e da Renato Bertelli.

Colpisce la gente vedere quanto siano moderne, e forse anche attuali, molte delle sculture e dei quadri esposti, e constatare come l’arte di Picasso (i nudi femminili degli Anni Venti), con il suo sfibrante classicismo delle figure giganti, sia imparentata con quella di uno scultore fascista, Arturo Martini.

Si tratta della medesima tensione formale verso una lingua espressiva che cerca di definire il corpo in rapporto alla somma delle tensioni che, tra gli Anni Venti e gli Anni Trenta, attraversano una Europa in subbuglio. Ma il New York Times, accusa il curatore della mostra Kenneth E. Silver di aver tentato di falsificare la storia, occultando cosa c’è dietro, dal punto di vista politico, a queste opere d'arte. Diciamolo subito, per gli americani, anche per quelli mediamente colti, e non solo per loro, questa mostra (il cui titolo completo è «Caos and Classicism. Art in France, Italy and Germany, 1918-1936») all’apparenza inoffensiva al nostro occhio di continentali, piena di opere, per quanto riguarda l’Italia e la Germania, già ampiamente viste nel corso delle esposizioni europee degli ultimi trent’anni, lo sconcerto e lo shock deve essere stato non piccolo. La testata newyorkese ha scritto che la mostra gronda sangue.

Ma com’è possibile che l’America non abbia ancora fatto i conti con quello che è accaduto in Europa tra le due guerre, prima e durante l’ascesa dei fascismi? Salvo che nelle università la cultura di quel Paese non si è misurata con la complessità delle linee artistiche e culturali che preparano il fascismo, che lo sposano e che in seguito se ne distaccano, almeno in parte, all’inizio degli Anni Quaranta, e durante la guerra, oppure vi restano tenacemente attaccati, come nel caso del grandissimo e fascistissimo Mario Sironi. Un autore tedesco che insegna in America, Wolfgang Schvelbusch, ha scritto di recente un libro in cui paragona gli Stati Uniti di Roosevelt, l’Italia di Mussolini e la Germania di Hitler tra loro, un volume che non è stato letto fuori dai circoli intellettuali. Gli americani ignorano che persino Mies van der Rohe, all’inizio degli Anni Trenta, aveva simpatie per il nazismo.

Il titolo dell’esposizione racchiude bene il senso di questa doppia valenza dell’arte europea tra la sconfitta dei Fronti popolari, l’avvento del nazionalsocialismo e la guerra mondiale. Il caos è ciò che preme sotto e dentro il classicismo di autori come Carrà, Arturo Martini, Giò Ponti, Sironi; è un caos magmatico carico di ribellione all’ordine, di catastrofe interiore, di melanconia e di sessualità prorompente. Quello che colpisce di più nelle opere esposte è proprio l’erotismo che promana da quadri, sculture, oggetti. Un breve film di Jean Cocteau, Le san d'un poète (1930) lo esprime molto bene: un artista a confronto con la sua statua, mito di Pigmaglione, la quale prende forme sempre più umane, uscendo dalla sua gabbia di marmo e ribellandosi al proprio creatore. La rovina classica è la perfetta metafora dell’andare in pezzi di un ordine, quello tradizionale: nei movimenti degli Anni Venti è esplicitamente richiesto e agognato, e insieme respinto. L’Europa è attraversata, come si coglie sia dalle pitture di Léger, sia in quelle di Oppi e di Morandi, da un bisogno di trovare una risposta al caos che si manifesta in quei vent’anni; in particolare, alla forma di ansietà presente anche nelle architetture di Le Corbusier, oltre che nelle pitture di Balthus e di altri artisti. Per chi conosce il travaglio intellettuale di autori come Bataille, Caillois, Benjamin, sa quale crogiuolo sia stata l’arte e la letteratura di quel periodo, tesa tra poli opposti, in senso politico come artistico.

Il fascismo che ricorre alla monumentalità, che costruisce il mito di Roma antica e il nazismo che ricerca l’aura della Grecia classica ne sono un esempio. Il corpo è il protagonista dell’esposizione: il corpo femminile e soprattutto quello maschile, ritratto da Marcel Gromaire, Lorenzo Lorenzetti e Albert Janesh, la cui tempera dei rematori impressiona per il culto quasi omosessuale delle figure ritratte. L’eros caotico che aspira all’ordine è sintomo di un malessere profondo, un disequilibrio con cui la cultura figurativa americana del periodo non si è mai misurata. Basta uscire dal Guggenheim e andare alla mostra di Hopper e dei suoi amici, al Whitney, per capire quale distanza passi tra il disordine eclettico e vivacissimo dell’Europa e la pittura dell’uomo comune del pittore newyorkese.
Senza dubbio è la politica a fare la differenza. La sezione intitolata The Dark side of Classicism è dominata da alcune grandi carte eroiche di Sironi, dai Gladiatori di De Chirico, dal nudo di Kolbe e soprattutto dai quattro nudi femminili (Die vier Elemente) di Adolf Ziegler: tre pannelli conservati nella residenza di Monaco del Führer, simbolo perfetto del binomio caos/classicismo, ma anche forme archetipiche immaginarie di una nuova razza: tedesca, bianca, bionda, polposa. Il critico del New York Times ha visto giusto, ma ha guardato in una sola direzione, mentre Kennet E. Silver, con la sua elegante ed essenziale mostra, ha disposto in realtà molti percorsi lungo l’unica strada che dal basso della galleria di Wright conduce verso l’alto, senza mai disfare il suo cadenzato movimento.

Gianni Valentini_trasalimenti

Con Ilija Soskic


 




Rocca Calascio 2010


Claudio Parmiggiani_trasalimenti

Artext - Eppure in seguito non hai mai dipinto, propriamente.
Claudio Parmiggiani - C'è qualcosa di molto bello, di straordinario nel gesto stesso, ancora oggi, di dipingere un quadro... come una icona, sacra per sempre.
Mi considero un pittore perché quello che faccio ha origine da una tradizione, continua e vive dentro quella tradizione.
Ma non ho mai dipinto un solo quadro... non è mai stato dipingere un quadro, dentro un quadro, lo stimolo, ma mettere un'opera nello spazio... come una icona inchiodata al cielo... dentro il corpo vivo dello spazio... dentro l'angoscia ed il sentimento dello spazio... Per me dipingere è questo.

Artext - Sembra che la tua sensibilità si sia formata più attraverso la frequentazione della poesia e della letteratura che attraverso la storia dell'arte.
Claudio Parmiggiani -... Parola e immagine sono due mondi che si cercano, che hanno bisogno di stare vicini, anche se sono due mondi ed è bene così.
Sì, c'è sempre stata, c'è una necessità degli artisti di avere accanto la parola dei poeti per far sentire l'arte meno sola.

Ah che rebus! Percorso nell'arte dal 500’ ad oggi

Più di più di cento opere tra disegni, incisioni, dipinti, libri, riviste, video, propongono un percorso originale nei rapporti fra arte e rebus in Italia.
Il percorso si snoda attraverso i rebus disegnati da Maria Ghezzi Brighenti per “La Settimana Enigmistica”, ripresi dai pittori della Pop Art italiana, le imprese del Rinascimento; i rebus per i ventagli incisi da Stefano Della Bella, e quelli sulle riviste ottocentesche; i rebus politici del Risorgimento e i graffiti metropolitani; passando per il ritratto di Lucina Brembate di Lorenzo Lotto, i Bagni misteriosi di de Chirico, i rebus filmati nei video d'artista, le pagine antiche con sonetti in forma di rebus, le poesie visive che permettono una doppia lettura.
Una selezione di opere di artisti contemporanei mostra in che misura il rebus sia presente in opere che sono da vedere, da leggere e da indovinare.
Fra le sorprese in mostra: un drappo del 1846 con un lungo rebus disegnato a tempera in onore di Papa Mastai, Pio IX, restaurato per l'occasione e mai esposto, e la decifrazione animata dei “rebus” di Leonardo da Vinci.

La mostra è curata da Antonella Sbrilli e Ada De Pirro con la consulenza di Stefano Bartezzaghi.
Il titolo si deve a una canzone del musicista e compositore Paolo Conte, autore di un rebus inedito in mostra.
Per il periodo dell'esposizione sono previsti incontri, laboratori e conferenze sul tema del rebus e su artisti ed opere legati all'esposizione.
La mostra è realizzata con la collaborazione dell'Associazione Rebussistica Italiana e del Cattid Sapienza; tra gli sponsor Lottomatica.


Redattore: RENZO DE SIMONE


Informazioni

Data Inizio:16 dicembre 2010
Data Fine: 08 marzo 2011
Costo del biglietto: Per informazioni 06 69980.242 .257
Luogo: Roma, Palazzo Poli
Orario: tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.00; lunedì chiuso
Telefono: 06 69980242