di Paolo Turati
Cercare di inquadrare Hans Hartung in una “scuola” pittorica risulta non solo difficile ma probabilmente anche inutile. di poterlo apparentare a quella che, circoscrivibile nell'estensione della di Parigi al “giro di boa” della Seconda Guerra Mondiale, appare già di per sé farraginosamente costituita sia nei propri componenti che nelle gerarchie delle primogeniture e che sembra trarre in questa fase della sua maturazione la propria principale ragion d'essere nel contrapporsi, in particolare nel primo Dopoguerra, a quella che è nota come di New York, si ravvisano molti motivi per poter sostenere che il Maestro franco-tedesco non sia particolarmente debitore di questo e, a maggior ragione, neppure di alcun altro sodalizio per i risultati artistici d'eccellenza raggiunti attraverso proprie opere.'altra parte, non è che le 'scuole' pittoriche determinino, alla lunga, dei canoni entro i quali, standoci dentro, si ottengano dei garantitiDi più: è molto spesso solo l'artista che esce da quei canoni, spesso comodi, quello che riesce a lasciare un duraturo nel tempo. , brutalmente, alcuni nomi ascrivibili alla Scuola di Parigi( nel periodo a cavallo della Seconda Guerra Mondiale), una città che, nello spazio di poco più di dieci anni ha perso, assieme all'Europa intera sconvolta dalla Seconda Guerra Mondiale, la titolarità di elegantiarumartistica che le si attribuiva indiscutibilmente da Millenni a completo appannaggio, com'è noto, di New York e del Nuovo Mondo. de Stael, Serge Poliakoff, André Lanskoy ( russi naturalizzati francesi), Wols( Alfred Otto Wolfgang Schultze), lo stesso Hans Hartung( anche loro entrambi naturalizzati, essendo tedeschi di nascita),
Jean Fautrier, George Mathieu rappresentano una multinazionaleeuropea“lunga”circa vent'anni di artisti nati a cavallo della prima, delle Guerre Mondiali, le soluzioni artistiche peculiari dei quali( spesso assai dissonanti fra loro ed è proprio in queste differenze, non solo nel loro ambito di ma anche rispetto ai colleghi artisti americani/zzati, che si riscontra l'estremo dinamismo qualitativo sotteso alla sostanza profonda dell'intero movimento) si sono espresse a cavallo, invece, della Seconda Guerra Mondiale. Stessa di New York, per la verità, presta il fianco a numerosi limiti di definizione A parte l'indubbio 'vantaggio competitivo' di ritrovarsi posto giusto nel momento giustoe di aver incontrato dei mentori altrettanto adeguati come la mecenate Peggy Guggenheim o il teorico dell'Espressionismo
Astratto Harold Rosenberg, non si può asserire che si tratti d'altro se non di un movimento molto ,nei propri canoni spesso labili, benché senza dubbio di sostanziale importanza per il gusto estetico della Seconda Metà del Secolo, i cui contorni restano, assai giustamente, frastagliati e ricchi di nicchie a volta personalistiche, a volte( come per il gruppo dei cosiddetti “Irascibili”) andatisi a formare per motivazioni anche non solo artistiche. Motherwell, Bernett Newman, Jackson Pollock, Franz Kline, Adolph Gottlieb, Arshile Gorky, Willem De Kooning, lo stesso Mark Rothko, molti dei quali ultimi anch'essi originari del Vecchio Continente dal quale -così come i Surrealisti ed i Dadaisti- erano emigrati susseguentemente al montare del Nazifascismo, mostrano, mutatis mutandis, aspetti di variegata disomologazione rispetto ad un denominatore comune, riscontrabile ora- peraltro principalmente- nell'painting o ora nel fields painting, quali possono essere parimenti osservati, appunto, nei pittori “restati” in Europa nonostante la Guerra di cui Hans Hartung fa, ad ogni modo e nel senso più generale, parte.importa che si assuma come paradigma che la pittura di Hans Hartung possa venire definita Espressionismo Astratto, Astrattismo Lirico o Tachismo, anche perché è proprio in un continuo divenire( molto più marcato da afflati di ricerca evolutiva rispetto a quelli, per esempio, di un altro grandissimo quale il canadese francofono Jean-Paul Riopelle, anch'egli, tra l'altro, a sua volta marito di un'artista, così come lo era stato non solo nel nostro caso Hans Hartung di Anna-Eva Bergman ma anche -fra vari altri esempi riscontrabili in merito nella storia della Pittura- lo stesso Jackson Pollock di Lee Krasner, cioè della somma espressionista astratta Joan Mitchell) che il Maestro di Lipsia ha elaborato la propria, personalissima, crescita. sperimentando indipendentemente, nelle fasi acerbe ma allo stesso tempo già estremamente avanzate della propria concezione estetica, poi intrigato dall'Astrattismo di Vassily Kandisky ( ma per nulla da questo soggiogato: Hartung non era particolarmente suggestionato dall'idea di l'infinito seguendo una serpentina),quindi attratto dalle relazioni matematiche che controllano le forme ed i colori, infine affascinato dalla gestualità, Hartung, i cui periodi artistici( più o meno decennali almeno per quanto riguarda gli ultimi quarant'anni della sua vita) appaiono più semplicemente disaminabili che per altri pittori, rappresenta, per gli svariati motivi che andremo ad analizzare, per l'Arte Moderna e Contemporanea una straordinaria “modularità”,
nell'eccellenza estetica, difficilmente riscontrabile altrove. serenità oppure drammatico abbacinamento, ovvero entrambi, il risultato di un'evoluzione espressiva che raggiunge in Hartung un suo punto mediano nelle opere degli anni Sessanta( in particolare i primi), quale, significativamente, quella su tela 65x46 cm del 1963 esposta proprio nel contesto di questa Mostra?è un quesito peregrino. ' ben vero che dal 1960 in avanti( superati ormai gli “anni bui” e conseguiti i più ampli riconoscimenti internazionali, ivi compreso il primo premio, ottenuto quello stesso anno con votazione unanime della giuria, alla Biennale veneziana) la tecnica artistica hartunghiana assume una tipologia del tutto nuova, sicché parlare di punto mediano può apparire inesatto....
Nessun commento:
Posta un commento